di Luigi Pirandello
scene e costumi Margherita Palli
luci Gigi Saccomandi
regia Franco Branciaroli
con Melania Giglio, Giorgio Lanza, Antonio Zanoletti,
Valentina Violo, Tommaso Cardarelli, Daniele Griggio
e con Sebastiano Bottari, Andrea Carabelli, Pier Paolo D’Alessandro, Mattia Sartoni
lo spettacolo aderisce all'iniziativa di raccolta fondi a favore di una scuola di teatro dedicata a Emanuele Banterle, all’interno dell’istituto scolastico Little Prince costruito da AVSI a Nairobi, in Kenya
info: http://www.avsi.org/2015/01/26/incamminati4avsi-sipario-per-i-bambini-little-prince/
superbo (L’Unità)
Dopo i recenti successi di Servo di scena, Il Teatrante e Don Chisciotte Franco Branciaroli continua la sua indagine sui grandi personaggi del teatro in bilico fra realtà e finzione, firmando una nuova versione del capolavoro pirandelliano Enrico IV. La sua interpretazione del protagonista è definita dalla critica irripetibile, superba incarnazione che addirittura trascende il testo.
Scritto nel 1921, il dramma è uno studio sul tema della pazzia e sul rapporto, complesso e inestricabile, tra personaggio e uomo. Enrico IV, del quale magistralmente Pirandello non svela mai il vero nome, è un aristocratico che, circa vent'anni addietro, insieme ad alcuni amici ha inscenato, in tempo di carnevale, una cavalcata in costume in una villa di campagna. Ciascuno rappresentava un personaggio storico, lui era l’imperatore tedesco. Sbalzato a terra dal cavallo (aizzato da uno degli amici, suo rivale in amore) aveva battuto la testa, rimanendo bloccato nella sua identità fittizia. La verità è che da tempo è tornato ad essere lucido ma, quando gli amici decidono di guarirlo rivivendo la vicenda, coglie l’occasione per uccidere il rivale scegliendo per sempre la follia.
Su una scena che riproduce il fantomatico mondo in cui vive il personaggio di Enrico, vero arsenale delle apparizioni popolato da teste di cavallo, stendardi e costumi d’epoca, Branciaroli proietta una figura dai bagliori sinistri, quasi crudele: il suo sguardo disincantato sulle persone e sulle cose genera la consapevolezza che della realtà ormai sfugge il senso e l’unica possibilità di vita è nella finzione. Vittima non solo della follia, prima vera poi cosciente, ma del modo di intendere la vita di chi gli sta intorno, Enrico decide di interpretare il ruolo fisso del pazzo.
Il finale incorona di cartone l’imperatore, su un cavallo da giostra. Folgorante.
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