Una commedia di rara felicità espressiva, di straordinaria abilità scenica. Una esplosione gioiosa d’inventiva ad ogni gesto e battuta. Goldoni affonda il bisturi sulla città che lo circonda, utilizzando con consumata maestria tutte le risorse del suo laboratorio drammaturgico e della sua lingua straordinaria. La mano esperta di Giuseppe Emiliani dirige per questo allestimento un gruppo di attori veneti “specializzati” nel repertorio del grande commediografo.
L’azione si concentra in un lasso di tempo minimo (una mezza giornata) che subisce una accelerazione impercettibile ma costante fino alla frenesia della scena finale e si svolge tutta in interni, gli unici spazi possibili per i quattro rusteghi: quattro uomini di piglio gretto e conservatore alle prese con un eros inquieto e perturbante, con famiglie difficili da governare e con affari ancora prosperi ma già minacciati di crisi.
Ambiguità, insicurezza, irresolutezza, nevrosi caratterizzano questi despoti improbabili, arroccati nella difesa a oltranza del passato contro ogni minaccia di novità: netta è la polemica di Goldoni con il conservatorismo ormai rozzo della classe cui appartiene. Il mercante lucido e avveduto, che per anni, nei panni di Pantalone, aveva impersonato il prototipo di un individuo socialmente responsabile, aperto e illuminato, si è ormai svilito a una caricatura di se stesso. Ma il carnevale, che si svolge per le vie della città, alla fine irrompe nelle stanze serrate e austere dei rusteghi, con tutta la sua carica di comicità trasgressiva.
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