Spettacolo raffinato, un arguto teatro di morti viventi che si divorano.
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Danza macabra di Strindberg racconta il feroce duello, senza esclusione di colpi, di due coniugi giunti al venticinquesimo anniversario, confinati in un'isola nella cui guarnigione lui è capitano: l'arrivo di un amico di vecchia data, testimone sbalordito, rompe la noiosa routine scatenando nella coppia atteggiamenti di reciproca crudeltà.
Nel testo, interpretato da sempre come un exemplum della vita coniugale vissuta come inferno domestico, si confrontano e si scontrano, da un lato, la natura satanica della moglie, Alice, e, dall’altro lato, il carattere vampiresco del marito, il Capitano, che cerca di succhiare la vita del secondo uomo, Kurt, psicologicamente fragile e remissivo. Una lettura attenta del dramma consente, però, di prendere atto che, più semplicemente, siamo di fronte all’inferno domestico di una coppia per niente infernale. La vicenda inizia e finisce su toni e timbri di misurata cordialità coniugale. È solo con l’arrivo del terzo personaggio che cominciano le tensioni. Il Capitano e Alice sono come una coppia di attori, tranquilli, quando non c’è pubblico, e subito eccitati dalla presenza di uno spettatore. Ma la fuga finale di Kurt riporta la coppia al punto di partenza, alla calma quotidianità che la accompagna da tanti anni.
Sull’elegante scena noir, la divertita regia di Ronconi proietta una storia infernale ma risibile, accentuando i lati grotteschi e smisurati del dramma di Strindberg con humor demoniaco e uno spassoso gioco al massacro fra i “mostri" Asti e Ferrara.
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